Dove puoi trovare dei luoghi del ricordo

La guerra è davvero così lontana da noi? I ragazzi del clan di Castel San Giovanni hanno colto l’occasione del capitolo per approfondire il tema della libertà di associazione e censura durante il regime fascista. Hanno approfondito la storia delle aquile randagie, il gruppo di giovani scout che ha continuato le loro attività nonostante le oppressioni del regime. Il clan, prendendo ad esempio le gesta dei partigiani del passato ha ripercorso la storia della libertà di associazione fino ai giorni nostri ponendo l’accento sulla prevenzione di tragedie come quelle afflitte ai nostri predecessori. Come giovani protagonisti del nostro presente, i ragazzi del clan hanno risposto all’esigenza di mantenere viva la memoria. Per fare ciò, hanno pensato l’ITINERARIO DEL RICORDO.

Qui di seguito troverete tutti i memoriali analizzati:

PECORARA

Il monumento “Allegoria della morte del soldato”, creato da Mario Pelizzoni è costituito da un tempietto con una finestra al centro parzialmente occupata dall’altorilievo in marmo. Sulla lastra marmorea sono rappresentati due soldati sullo sfondo di montagne. Il soldato di sinistra regge il compagno morto. Ai piedi della lastra una lapide reca, scritti insieme in ordine alfabetico, i nomi dei caduti delle due guerre mondiali.

STRÀ – ALTA VAL TIDONE

L’antefatto della strage di Strà è rappresentato dall’attacco alla Rocca d’Olgisio (sede di un’importante base partigiana) del 30 luglio 1944. La sparatoria è intensissima e prosegue fino all’arrivo dei rinforzi partigiani che mettono in seria difficoltà gli attaccanti, costringendoli a un ripiegamento verso Pianello e nelle località intorno. Giunti in località Strà , che aveva costituito la base di un punto di attacco per il bombardamento della Rocca, i nazifascisti si fermano, si danno al saccheggio e pranzano nelle osterie e nelle abitazioni. L’eccidio si consuma nel pomeriggio e prende di mira le persone radunate nella bottega della famiglia Riccardi che vengono tutte uccise, probabilmente in seguito ad una provocazione degli abitanti della casa o della messa a segno di un intervento contro un tedesco da parte di antifascisti.


BORGONOVO VAL TIDONE

Una pietra d’inciampo viene dedicata ad una persona deportata in un campo di concentramento nazista e mai più ritornata. Quella di Borgonovo Val Tidone fu dedicata al partigiano Luigi Razza, il quale, insieme ad un altro partigiano, Luigi Carella, partì da Castelnovo VT verso Borgonovo VT per monitorare i movimenti dei tedeschi. I due commilitoni vennero scoperti, Luigi Carella, subita una ferita alle gambe a seguito di un colpo di fucile, riuscì a fuggire e si nascose all’interno del fossato della Rocca, mentre Razza venne catturato. Trasportato prima nella prigione di Piacenza, poi Parma e Verona, poi nel centro smistamento prigionieri di Bolzano e infine deportato a Mauthausen e successivamente nel sottocampo di Gusen, dove morì il 23 aprile del 1945. Il suo corpo, di cui non sono state trovate tracce, è probabilmente stato sepolto in una fossa comune.

NIBBIANO – ALTA VAL TIDONE

Il monumento ai caduti che avete dinanzi viene edificato nel secondo dopoguerra in sostituzione del monumento eretto nel 1923 e si compone di due parti distinte: la base è una edicola rivestita in granito rosa caratterizzata dalla presenza di una Pietà a bassorilievo sulla destra; a sinistra sono collocate le lapidi con i nomi dei caduti del primo e del secondo conflitto mondiale. Tra le due parti, notiamo anche differenze nei materiali. Sopra le lapidi trionfa una grande ala che emerge solo parzialmente da un blocco di marmo bianco lasciato al grezzo nella parte posteriore. Di fianco al monumento si trovano due cannoni.

ROTTOFRENO

Il 16 ottobre 1944, i partigiani della 1° Brigata GL, guidati dal Comandante Antonio Piacenza e dal Tenente Colombo, attaccano un convoglio tedesco sulla via Emilia, in località Villa Borghesa. Dopo aver lanciato numerose bombe a mano, l’ultima delle quali è una bomba anticarro, i partigiani riescono a far ribaltare l’automezzo tedesco nel canale vicino. Tuttavia, un nuovo gruppo di automezzi tedeschi arriva sul posto, portando a uno scontro ancora più furioso tra i due gruppi. I partigiani subiscono perdite significative e vengono costretti alla ritirata. Otto compagni muoiono sul campo e sei sono feriti. I tedeschi cercano rifugio nella villa della Borghesa, ma grazie alla mediazione della Contessa, che parla tedesco, si convincono ad andarsene. In seguito, i cadaveri dei partigiani vengono finiti e oltraggiati dalla temibile Bionda di Voghera e restano esposti sulla strada fino a sera. Nel luogo in cui si è svolto l’episodio si erge ora un monumento in memoria dei partigiani caduti durante lo scontro.

CASTEL SAN GIOVANNI

Ci troviamo davanti a una lapide datata 15 settembre 1946 posta sulla facciata del municipio di piazza XX settembre di Castel San Giovanni. Questo luogo commemorativo ricorda le vittime locali del nazifascismo, tra le quali figurano Albanese Giuseppe (Bruno), Civardi Celso (Cinelu), Soressi Giuseppe (Pino) e Tina Pesaro.

-Albanese Giuseppe (Bruno), 19 anni: operaio, partigiano della divisione “Aliotta”, Brigata “Crespi”; nato a Olcenengo (VC) il 2 luglio 1925 e residente a Castel San Giovanni; catturato dalla Sicherheit è stato fucilato il 14 ottobre 1944 nei pressi di Arena Po insieme ad Angelo Cazzola e Natale Riccardi. Per farne perdere le tracce i loro corpi vennero gettati nel fiume Po.

-Civardi Celso (Cinelu), 30 anni: macellaio, partigiano della divisione “Aliotta”, Brigata “Gramigna”; nato a Castel San Giovanni (PC) il 18 febbraio 1914 e residente a Castelletto di Branduzzo. Il 10 dicembre 1944 a Castelletto fu catturato nella sua abitazione con Giuseppe Barbieri e Battista Longhi da una squadra della Sicherheit; i patrioti vennero fatti salire su di un camion e portati a Broni, da qui destinati a Cicognola; senonché l’autocarro, subendo un’avaria, diede la possibilità a Civardi di tentare la fuga: una pronta scarica di mitra lo distese bocconi. Gli altri due, proseguendo il tragico viaggio, sparirono. Dove? Alle famiglie angosciate imploranti notizie, si risponderà a Broni solo una parola: “Germania”. Ma la realtà era ben più terribile: dopo il 25 aprile, il tragico pozzo di Cicognola restituì, fra le altre, le salme dei due martiri orrendamente torturati.

-Soressi Giuseppe (Pino), 22 anni: operaio, partigiano della 1° divisione GL, 2° Brigata; nato a Castel San Giovanni (PC) il 18 marzo 1922 e residente a Castel San Giovanni; fucilato dalla Sicherheit il 27 dicembre 1944 a Molino di Rovescala davanti alla moglie.

-Tina Pesaro, 31 anni: donna ebrea deportata ad Auschwitz il 31 Dicembre 1944 dopo essersi offerta prigioniera al posto della madre. Muore assassinata il 31 Dicembre 1944 a Landsberg.

Nella seconda lapide si ricorda il patriota Grazioli Carlo.

PIANELLO VAL TIDONE

Il Monumento ai caduti di Pianello VT è stato realizzato nel 1926 dallo scultore piacentino Ugo Rancati su iniziativa dell’ANA di Piacenza e degli alpini reduci della prima guerra mondiale. Il monumento presenta un obelisco su cui sono incisi i nomi dei caduti delle due guerre mondiali: una figura femminile in bronzo che rappresenta la Patria che regge la spada con la mano destra e la Vittoria Alata con la sinistra e un braciere nel quale arde la fiamma perenne della memoria. Un gruppo di combattenti alpini del battaglione SUSA, reduci della 1^  guerra mondiale, si incontrava spesso nei locali dell’osteria del Pitù sulla piazza grande di Pianello, posta precisamente davanti all’area dove ad oggi sorge il monumento ai Caduti. Dal ricordo degli anni passati assieme sul fronte alpino e dall’esempio di quanto già fatto a Piacenza dal tenente Arturo Govoni, trassero la convinzione di doversi riunire in gruppo aderendo all’Associazione Nazionale Alpini. Dopo la seconda guerra mondiale, grazie ai numerosi sforzi di Carlo Civardi, il gruppo di Pianello, da poche decine di iscritti, raggiunse le centinaia, diventando così il più importante della sezione di Piacenza. Quest’ultimo, ritrovatosi dopo anni di censure e obbligazioni, decise di onorare la memoria dei caduti in questo secondo tragico conflitto mondiale incidendo sul monumento i nomi dei soldati che hanno lottato per libertà e indipendenza.

FORNELLO – ZIANO PIACENTINO

Su una stele in muratura rivestita di pietra è situata la lastra marmorea lavorata a bassorilievo per creare l’immagine di una figura femminile con abiti all’antica, le cui braccia sono spalancate. La donna stringe una corona d’alloro nella mano destra, che simboleggia il trionfo, e un’altra corona fatta di foglie di quercia nella mano sinistra, riconoscimento di forza e resistenza civica. Al di sopra della sua testa vi è raffigurata una stella. In basso, vi è l’incisione dedicatoria di Fornello ai suoi caduti.

PARPANESE – ARENA PO (PV)

Vi trovate di fronte a una lapide muraria in ricordo di tre civili caduti sotto il bombardamento del 24 aprile 1945. Tra il 23 e il 25 aprile, infatti, l’esercito nazifascista, come conseguenza alle voci della liberazione dell’Italia da parte degli alleati, bombardò varie località, mantenendo come bersagli principali caserme e polveriere. I tre caduti sono le due sorelle Anna e Giuliana Bazzarini e il partigiano Rossi Elio, facente parte della divisione “Barni” della brigata “Vercesi”.

CALENDASCO

Il sig. Carlo Valla, ci ha raccontato di suo cugino, Alfredo Valla, partigiano originario di Castel San Giovanni, ucciso in guerra e ricordato con un cippo commemorativo nel comune di Calendasco.
Alfredo Valla decise di unirsi alla Resistenza all’età di 32 anni, spinto dal desiderio di farsi avanti contro il fascismo. La sua Brigata, guidata da Ramaiotti, detto Il Moro, seguiva la missione che prevedeva la presa di una polveriera nazista, ovvero un deposito di armi da guerra, con l’obbiettivo di mettere fine alla violenza armata nella zona. Il giorno dell’azione, il 5 aprile 1945, Valla e Il Moro, coperti dalla Brigata, accerchiarono la polveriera, ma, i nazisti, accortisi dell’attacco, erano già pronti alla difesa. Dentro alla stalla utilizzata come polveriera non erano presenti solo militari, bensì anche due donne, utilizzate dai primi come scudo: il comandante Moro, per non provocare vittime innocenti, lasciò il tempo alle donne di evacuare, ma proprio per questa gentil richiesta, non ebbero il tempo di ripararsi dagli spari nazisti, che li ferirono gravemente. La Squadra del Moro e Valla riuscì nell’impresa di liberazione della polveriera, ma, purtroppo, Valla spirò poco dopo essere stato ferito, nonostante il soccorso degli abitanti del posto.
La cerimonia del funerale di Valla dovette essere molto modesta, per non destare il sospetto delle guardie nazi-fasciste, le quali ancora avevano il controllo della zona.
All’incirca 20 giorni dopo, l’Italia fu liberata, e, con la fine della Guerra, il 5 maggio 1945 la salma di Valla fu trasferita nella sua casa, così da poter essere vegliata da parenti e amici, e, in seguito, riuscirono a celebrare la cerimonia del funerale in modo ufficiale e libero, con la presenza di tutte le persone che furono a lui care, e tutti coloro che riconoscevano la sua coraggiosa impresa.

L’Itinerario del Ricordo – Ripercorrendo le battaglie dei partigiani